Durante le vacanze di Natale la 1C della Scuola Secondaria ha letto il romanzo di Davide Morosinotto “Il fiore perduto dello sciamano di K”.
La classe ha poi immaginato un’intervista all’autore che negli scorsi mesi è stata condivisa via mail a Morosinotto il quale, dimostrando grande disponibilità, ha risposto.
Vi riportiamo di seguito l’intervista che è stata accolta in 1C con un bellissimo e fragoroso applauso.
Attenzione, contiene spoiler.
1. Consiglieresti l’emozione di scrivere un libro?
Assolutamente. La consiglio come una delle cose più belle che possa capitare a chiunque.
2. Cos’hai provato a scrivere questo romanzo?
Quando scrivi, tu per un po’ di tempo smetti di essere chi sei, e diventi i tuoi personaggi. Quindi provi tutte le emozioni che provano loro. Ti diverti se si divertono, ti spaventi se hanno paura…
3. Cosa ti ha dato l’ispirazione per la malattia di Laila?
Un giorno ero alla fermata del bus e ho visto un ragazzo che teneva per mano sua mamma, e mi è sembrato strano. Poi ho capito che in realtà il ragazzo era non vedente, e sua mamma lo stava guidando… E ho capito che anche Laila aveva un problema agli occhi. Ne ho parlato con mia moglie, che è medico, e che ha fatto la “diagnosi” a Laila, finché ho capito che era proprio quella malattia lì.
4. Perché hai pensato agli sciamani?
Sapevo che Laila doveva andare nella foresta, e facendo ricerche, ho scoperto di Iquitos, la città degli sciamani. E ho capito quindi che doveva andare in Perù perché c’erano gli sciamani.
5. Perché hai ambientato il romanzo in Perù?Hai un legame con questi luoghi?
Il mio lavoro funziona in modo diverso da come si possa immaginare… Di solito tu pensi a una storia, e quella storia porta con sé un luogo, e un’epoca. Io sapevo di dover raccontare la storia di una ragazza che andava alla ricerca di un fiore magico. Qual è la foresta con più fiori del mondo? Quella amazzonica. E quindi lei è finita in Perù. Non sapevo niente del Perù né dell’Amazzonia, perciò ho iniziato a studiare…
6. Qual è il tuo personaggio preferito?
I tre fratelli che accompagnano Laila e El Rato nell’ultima parte del viaggio. Perché assomigliano a tre ragazzi che ho conosciuto davvero quando sono stato in Amazzonia.
7. Cosa ti ha ispirato a immaginare il personaggio di El Rato?
Questo non lo so… Lui e Laila sono nati insieme, nello stesso momento, e lui è nato subito così com’è. Non so da dove vengono i miei personaggi, vengono e basta…
8. Come mai hai scelto di far morire Laila invece di ipotizzare un lieto fine?
Perché la malattia di Laila, purtroppo, è incurabile. Se io l’avessi fatta guarire per miracolo, sarei stato crudele verso i ragazzi che quella malattia ce l’hanno sul serio e sanno che non possono star meglio, non vi pare? Non avrei mai potuto farlo.
9. Ti sei trovato in dubbio nello scrivere alcune parti?
Il finale, proprio per la domanda precedente. Mi sono chiesto per anni come sarebbe finito questo libro.
10. I nomi dei personaggi sono legati a un’esperienza personale?
No, mai, i nomi sono sempre legati allo studio. Quando studi una certa epoca, un certo luogo, impari anche quali sono i nomi più usati, e ne scegli alcuni
11. Come mai hai scelto un fiore come cura?
È stato il contrario. Sapevo che Laila doveva cercare un fiore, e dopo che ho scoperto che era ammalata, ho capito che il fiore era la cura.
12. Cosa significa “K”?
Non lo so. Quando ho iniziato a studiare l’amazzonia ho scoperto che spesso gli esploratori usavano solo l’iniziale dei posti in cui andavano, perché avevano paura che qualcuno li seguisse e magari scoprisse un tesoro al posto loro… E quindi, K. È l’iniziale di un posto che non so.
13. Tra i libri che hai scritto, qual è il tuo preferito?
Che domanda difficile… Forse “La più grande”, non so se sia il migliore che ho fatto finora, ma è stato importante per il momento in cui è stato scritto, per me. È un libro che mi ha aiutato in un momento difficile.
14. Quando è nata in te la passione di scrivere?
Quando avevo la vostra età, per la precisione in seconda media. Ma quasi tutti i miei colleghi e colleghe cominciano alla vostra età, di solito, perciò… dateci dentro!
Ecco la risposta della 1C!
Grazie per aver usato il suo prezioso tempo per sfamare la curiosità delle nostre giovani menti. Non è scontato ricevere le risposte da un autore di successo.
Grazie per averci resi partecipi dell’emozione della scrittura e di quello che ha sentito mentre immaginava questa storia.
La ringraziamo di averci aperto la porta del suo mondo.
Grazie per averci fatto entrare nel “backstage” della scrittura del romanzo.
Abbiamo trovato giusto che abbia evitato il lieto fine, non sarebbe stato rispettoso e realistico nei confronti della malattia di Laila e dei molti ragazzi e bambini che ne soffrono. Anche alla nostra età è giusto confrontarsi con i temi della malattia e della morte.
Quando scrive che ha iniziato la sua professione alla nostra età, ci ha trasmesso una bellissima prospettiva: pur essendo “piccoli” possiamo iniziare a fare qualcosa di “grande” già da ora.
Abbiamo apprezzato molto questo romanzo, la sua trama e la costruzione dei personaggi: per alcuni di noi è stata la porta di accesso alla lettura “di piacere”.
Un caro saluto,
la 1C della SMA di San Donato Milanese
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