Cambiare lo sguardo

le due crociBuonasera a tutti,

anche stasera condividerò uno dei lavori realizzati dai miei ex allievi in occasione del progetto “VIA CRUCIS: riflessioni artistiche sul Crocifisso”.

Vorrei però iniziare riprendendo alcuni contenuti dell’omelia di ieri dell’arcivescovo Delpini (LINK), in particolare la storia con protagonisti i Padri del deserto.

Nella narrazione si parla prima del giovane deluso Gregorio che «ha provato il piacere dell’amore, il fremito della passione, l’ebbrezza del potere e l’orgoglio di avere servitori; l’abbondanza del denaro che può comprare tutto», accorgendosi «che la gioia di vivere non si compra da nessuna parte», al quale Abbà Antonio dice: «Se stai male con te stesso, non starai bene andando altrove. Quando non sai dove andare, per che cosa vivere, tieni fisso lo sguardo su Gesù».

In seconda battuta si parla di padre Macario, anziano con mani malferme, «che non ha più forza per lavorare la terra, che non può più curare le ferite e le piaghe dei fratelli» e con occhi affaticati per cui non può più leggere «le parole sante». Per lui la risposta dell’abate è: «Ecco che cosa puoi fare: irradiare la gioia e donare la pace. La gioia è come il profumo di puro nardo: rende amabile l’umanità e desiderabile abitare la terra».

«Non so quanto ancora visse il santo padre Macario, ma dicono che la sua cella sorrida ancora».

Per ultimo c’è l’impaziente Agatone, il più attuale di tutti, che vuole correre subito in città dove «infuria l’epidemia per dare aiuto». Agatone deve però obbedire all’abate Antonio che prima di farlo andare in città gli chiede di scavare un pozzo, poi di seminare un campo di grano, infine di raccogliere in un libro le parole sapienti dei monaci.

La conclusione è stata ancora una volta densa di significato: «Non si sa più niente del monaco Agatone. Quello che si sa è che ancora adesso, dopo molti e molti anni, i monaci si dissetano all’acqua del pozzo, ogni anno raccolgono grano nel campo seminato e continuano a meditare le parole dei santi monaci».

Tre storie che insegnano a cambiare lo sguardo.

Ecco perché ho pensato di collegarle al lavoro di Chiara “Le due croci” (l’elaborato era costituito, oltre che dal disegno, da una piccola luce che, accesa, poteva illuminare a turno le due parti):

<Sulla parte di sinistra una croce rappresenta la Fede imparata in famiglia e, in questo momento, è maggiormente illuminata. Una persona vestita di giallo si gira verso una seconda croce, del suo stesso colore. Questa croce rappresenta quello che sente che è il momento cercare: una Fede sua, una fede adulta e indipendente.>

Un altro straordinario messaggio, passato per la nostra scuola un po’ di anni fa, ma sempre valido per tutti. Nessuno escluso!

Buonanotte

Preside Rep